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Anno III - N. 3 - Maggio/Giugno 2003


editoriale
Il semestre "italiano": un'opportunità?
Francesco Gesmundo

Il 1 luglio ha preso avvio il Semestre italiano di Presidenza della U.E. e questo significa che l'Italia sarà chiamata a governare anche la politica europea della pesca.
Tutto ciò, se inserito in un circolo virtuoso di ascolto di tutte le legittime istanze del mondo della pesca, potrà rivelarsi decisivo per il futuro di questo segmento della nostra economia.
Sarà finalmente possibile recuperare la peculiarità e la centralità della pesca mediterranea? Saranno riconsiderate le politiche di contenimento dello sforzo di pesca e di tutela delle risorse alieutiche nel loro devastante impatto sociale, economico, occupazionale e culturale specie per la pesca italiana? Saranno poste le basi per un reale sviluppo e per la valorizzazione dell'immenso patrimonio di tradizioni, culture, professioni che la pesca rappresenta? Sarà possibile, in sintesi, fare politica nel senso vero del termine, ponendo in essere tutte le premesse per il definitivo ammodernamento e rilancio del settore?
Le dichiarazioni del sottosegretario Scarpa Sonazza Suora sembrano andare in questa direzione, richiamando concetti tante volte discussi anche sulle pagine di questo periodico, quali peculiarità, approccio cauto e consapevole, sistema in cui si integrano componenti sociali, economiche, giuridiche, biologiche ed ecologiche, pesca come bene di tutti nel senso di lavoro, alimentazione, salute, cultura e tradizioni.
Troviamo, nelle parole del sottosegretario e nella dichiarazione d'intenti del Governo italiano per il semestre di Presidenza europea, la necessità di rivedere e modificare il regolamento 1626 del 1994 sulla pesca del Mediterraneo, la consapevolezza del suo sostanziale fallimento, il valore della delicatezza e poliedricità della pesca mediterranea e lo sforzo di far aderire le proposte della Commissione europea alle peculiarità del bacino. Infine, last but nor least, la necessità di applicare i principi di sostenibilità e di responsabilità nella gestione della pesca anche negli accordi con i Paesi terzi.
A noi sembra che le premesse poste dal Governo italiano siano destinate ad avere un impatto positivo sulle politiche di settore per l'attenzione posta alla ricerca come fonte di dati e di conoscenze per i policy makers, al rafforzamento della qualità professionale degli esperti, all'aumento delle risorse finanziarie destinate alla ricerca, alla volontà di non considerare il parere scientifico un paravento dietro cui nascondersi per non decidere 0 decidere senza valutare tutti gli aspetti del problema che investono un mestiere antichissimo quale quello della pesca.
Se alle parole seguiranno i fatti si compirà un salutare sforzo di modernizzazione e di riforma del settore e si darà significato e spessore alla nostra azione di governo.
Altri problemi sono comunque all'ordine del giorno: il completamento e l'armonizzazione della legislazione sulla sicurezza, con il conseguente avvio di una vera politica di formazione degli addetti; la necessità di conciliare la devolution con le politiche nazionali e comunitarie di settore, per evitare che una selvaggia ed incontrollataregionalizzazione delle sedi decisionali inneschi scontri tra marinerie e crei confini tra aree e compartimenti marittimi, che cozzino con la libertà di impresa e con la libertà di navigazione; un deciso passo verso la definizione di una politica di accordi con i Paesi terzi, per evitare che le norme e le regole siano vissute come disparità e concorrenza sleale anziché come sistema condiviso da tutti i Paesi che insistono su una stessa area geografica, vedi l'Adriatico; la creazione di un equilibrio tra le esigenze di tutela delle risorse e dell'ecosistema con le necessità delle imprese, attraverso un approfondimento della ricerca di attrezzi e sistemi di cattura più moderni e selettivi e non con il brutale incoraggiamento alla dismissione del naviglio o con strumenti quali il fermo biologico inefficace e con troppe deroghe che mettono in non essere le raccomandazioni degli esperti scientifici e della biologia marina.
Forse ci aspettiamo troppo dal semestre italiano ma è da troppo tempo che la pesca italiana in generale e quella pugliese in particolare attendono una inversione di tendenza rispetto al declino di questo mondo. Una nuova cultura, un nuovo sistema, una nuova visione politica, una vera comunità di intenti tra decisori politici, imprenditori, ricercatori scientifici e lavoratori perché questa attività non scompaia sotto il peso della burocrazia, della disomogeneità e della sottovalutazione delle specificità e delle diversità.


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