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Anno VI - N. 5/6 - Dicembre 2006



Pesca nel Mediterraneo: un inutile compromesso
Francesco Gesmundo

E' stato recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri della Pesca \JE il nuovo Regolamento per la pesca nel Mediterraneo. Si conclude, così, no­nostante l'opposizione delle Organiz­zazioni di settore italiane, francesi e greche, un'altra amara vicenda nella lunga storia dell'improvvida gestione della pesca da parte della Commissio­ne europea.

Tutti noi avevamo salutato con fa­vore e speranza la Risoluzione del Parlamento europeo sul miglioramento della situazione economica nell'indu­stria della pesca, ricca di approfondite ed equilibrate analisi sulle vere cause della crisi strutturale del settore e por-tatrice di utili proposte per il migliora­mento della pesca europea.

Partendo dalla constatazione del­l'importanza strategica di un settore che conta 90.000 imbarcazioni e

190.000 pescatori ma che è notevol­mente diversificato per segmenti di flotte, attrezzi, produttività, preferenze dei consumatori e, soprattutto, per strutture sociali e disparità naturali, il Parlamento europeo individua final­mente, in modo corretto e condivisibile, le cause più importanti della crisi nella carenza di efficaci politiche di tutela delle risorse, nei costi di gestione, prezzo del carburante in primis, nella bassa redditività di impresa, nell'ag­gressività della concorrenza sleale e nell'eccessivo peso dell'intermediazio­ne parassitarla.

Si tratta di una crisi economica e sociale che si concretizza in una ridu­zione del 35% dei posti di lavoro, 20% delle imbarcazioni e del 28% delle cat­ture, dell'aumento del 40% delle impor­tazioni, che segnano il fallimento, a detta del Parlamento, della politica comune della pesca e impongono un nuovo e diverso approccio alle politiche di settore.

II Parlamento europeo nel suo me­ritevole sforzo di pervenire ad una visione globale dei problemi, ha anche prodotto una serie di utili indicazioni e raccomandazioni alla Commissione per una vera inversione di tendenza che segni il rilancio della pesca comu­nitaria.

La risposta della Commissione non si è fatta attendere e si è concretizzata in una serie di misure più incisive per raggiungere l'obiettivo della pesca sostenibile nel Mediterraneo attraverso una strategia precauzionale globale, misure tecniche di protezione del no­vellarne, limitazioni, responsabilità e controlli più pressanti per contrastare il sovrasfruttamento di alcune specie e favorire la ricostituzione degli stocks. È stata presentata una proposta di Regolamento del Consiglio sulle misu­re di gestione per lo sfruttamento so­stenibile delle risorse della pesca nel Mediterraneo contenente disposizioni più rigorose sul rispetto delle zone protette, sul di­vieto di uso delle reti da traino entro  1,5 miglia marine dalla costa, sull'uso di reti da pesca di maglia più stretta, di attrezzi più selettivi,  sul divieto di commercializzare specie di taglia piccola, in sintesi su quanto possa favorire lo sfruttamento sostenibile delle risorse alieutiche.

Peccato, però che al ri­gore manicheo delle poli­tiche di tutela non corrisponda un'efficace intervento per ga­rantire coerenti interventi verso i paesi extracomunitari affinchè adottino ade­guate politiche di gestione che siano coerenti con le nostre e riducano gli squilibri foltissimi tra i costi di gestione delle nostre imprese e di quelle non soggette ai vincoli ed alle limitazioni normative e tecniche della legislazione europea. Il recente episodio della riso­luzione della Commissione internazio­nale per il tonno, adottata nella ses­sione ICCAT del 26 novembre, con il parere favorevole della Commissione europea e la forte opposizione dei produttori europei, in particolare di quelli francesi, italiani e maltesi appare paradigmatico. Questa risoluzione ri­schia di infliggere un colpo mortale al settore della pesca del tonno rosso, senza garantire le risorse ma favoren­do, dicono per interessi imprenditoriali di qualche potente membro della D.G. della pesca europea o per incapacità politica, le flotte orientali, per le quali sono previste numerose deroghe alla

quantità massima catturabile e alla taglia minima di 8 Kg.

È il tipico caso segnalato dal Parla­mento europeo di atteggiamenti diver­genti e dissociati nel l'affrontare il pro­blema della tutela. A pesanti e, forse, giustificate limitazioni nei prelievi im­poste alle imprese europee, non cor­rispondono atteggiamenti di pari rigore nei confronti di quelle extracomunitarie, o la richiesta autorevole di misure adeguate e coerenti nei confronti dei Paesi non UÈ.

Per quello che ci riguarda, noi rite­niamo doverose e auspicabili le misure di tutela delle risorse alieutiche, che facciano del pescatore il vero presidio ecologico del settore, ci dichiariamo ampiamente favorevoli a politiche an­che dure e forti per raggiungere l'au­spicato obiettivo della pesca sostenibile ma invochiamo un approccio globale alle cause della crisi del settore, una diversa considerazione delle specifici­tà, delle necessità di ammodernamen­to della flotta, del decentramento dei

processi decisionali con il coinvolgimento attivo e di­retto degli operatori, del riequilibrio dell'eccessivo peso dell'intermediazione, della stabilità dei costi, della redistribuzione migliore del valore aggiunto, del miglio­ramento dei livelli di vita dei pescatori.

Non esprimiamo apriori-stiche e pregiudiziali con­trarietà alle misure proposte dalla Commissione ma pre­tendiamo il rispetto per gli operatori, la necessità di misure di sostegno e di ac­compagnamento che ren­dano davvero praticabili ed efficaci quelle politiche di contenimento delle catture, un diverso approccio scientifico che le supporti e le renda credibili e rag­giungibili in tempi certi, parità di rigore dei controlli nei confronti di tutti che passi dalla rinuncia a deroghe che mettono in crisi la credibilità delle de­cisioni e la coerenza delle misure ad atteggiamenti che non alimentino so­spetti e paure.

Partiamo dalla risoluzione del Par­lamento europeo, dalle sue raccoman­dazioni, dalle sue proposte.

A noi sembra la via giusta per coniu­gare rigore e redditività, efficacia e coerenza, rispetto profondo per la va­lenza strategica del settore ma soprat­tutto piena e sacrosanta considerazione per le esigenze di tutela non solo delle risorse ma anche dei pescatori. Solo così quel mestiere antico e nobile, che è parte viva della cultura e della società dei Paesi del Mediterraneo potrà vedere un futuro prospero e sicuro e non ri­schiare di essere travolto dalla malefica combinazione di interessi di parte e miopie politiche e culturali.


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