Assopesca Molfetta

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Anno V - N. 6 - Novembre/Dicembre 2005



Il naufragio del M/P "Mare e Vento"
Luigi Campo

Non vogliamo dare semplicemente la cronaca di questa ennesima tragedia vissuta dai lavoratori del mare; vorrem­mo invece rivivere la drammaticità di quei momenti nel ricordo narrato da chi li ha vissuti. Per questo abbiamo rivolto al super­stite del naufragio del M/P Mare e Ven­to, il sig. Francesco Cappeluti, una sola domanda: Cosa ricorda di quella notte?

Dopo aver selezionato il pescato dell'ultima cala, alle ore 22.00 circa abbiamo iniziato la navigazione di rientro con destinazione porto di Taranto.
Durante la navigazione mio padre si trovava in plancia nelle operazioni di condotta dell'unità, mentre io ed il motorista eravamo intenti alla sistema­zione del pescato dell'ultima cala nella stiva frigorifero.
Improvvisamente siamo stati inve­stiti da un'onda proveniente dal giar­dinetto sinistro che nell'impatto contro la murata sinistra sradicava il portello del corridoio dove ci trovavamo nelle suddette operazioni di stivaggio.
L'onda ha sbandato l'unità e la mu­rata di sinistra toccava l'acqua.
Poiché la barca continuava ad inclinarsi sempre di più verso sinistra mio padre chiese soccorso via radio.
Io e Mauro prima e subito dopo anche mio padre, abbiamo tolto gli stivali e l'impermeabile per abbando­nare insieme il motopesca.
Istintivamente mi sono recato in plancia per una nuova richiesta di soccorso, ma non sono riuscito a ricevere risposta. Uscendo dalla cabina comando mi sono arrampicato sulla ringhiera e sono riu­scito a sganciare un salvagente anulare e a lanciarlo in acqua. 
Il motorista si buttava in mare per primo recuperando il salvagente e infilandolo. Pochi istanti dopo notammo che il peschereccio era quasi del tutto affondato e sia io che mio padre ci buttammo in acqua e raggiungemmo a nuoto il motorista.
Dopo 2 o 3 ore circa che eravamo in acqua vedemmo un elicottero che sorvolava la zona senza purtroppo individuarci. Intanto le condizioni meteo marine peggioravano. Vedemmo vari mezzi nautici che pensammo fossero intenti nella nostra ricerca, ma erano troppo sotto costa. Abbiamo cercato di nuotare verso di loro ma la corrente ci allontanava sempre più dalla costa.
Ad un certo momento ho visto mio padre che abbandonava la presa del salvagente ed esanime si allontanava da noi.
All'alba il motorista mi riferì che non ce la faceva più e mi suggeriva di prendere il suo posto nel salvagente; lui rimase aggrappato al salvagente e mi incitava a nuotare verso la costa. Dopo circa dieci minuti mi sono sentito alleg­gerito nei movimenti e voltatemi mi sono accorto che il motorista aveva abban­donato il salvagente e anche lui esanime con il viso rivolto in acqua si allonta nava dalla mia posizione.
Ho nuotato per circa sei ore verso la costa favorito anche dal cambiamento della direzione della corrente. Verso le ore 11.00 sono stato sorvolato da un elicottero e dopo qualche minuto sono stato raggiunto da una motovedetta che mi ha portato nel porto di Taranto, per essere successivamente trasferito in ospedale.

Le tragedie vissute dai nostri pescatori sono tutte drammaticamente uguali: il vento che improvvisamente imper­versa e mette tutto a rischio, la speranza nell'arrivo dei soccorsi, la resa impietosa all'inclemenza del mare o l'aiuto che porta in salvo. Sembra che il mare e il vento faccia­no comunque, nella buona e nella cat­tiva sorte, i destini dell'uomo pescatore. Mentre rivivevo il dramma di quella notte nel racconto di Francesco sentivo il sibilo del vento che alzava le onde del mare e pensavo al nome del motopesca affondato: "Mare e Vento".
Dare il nome a un motopesca al momento di armarlo è come compiere un rito propiziatorio: ci si affida ai santi, ai propri cari, a chiunque si ritiene possa essere una protezione nella storia di quel natante. Mai gli armatori di "Mare e Vento" avranno pensato di trovarsi contro i propri... "protettori": eppure tutto è accaduto in un mare sconvolto dalla furia del vento. Si evidenzia così il limite di ogni protezione che l'uomo voglia dare alla propria storia.
Quello che nessuna violenza riusci­rà mai a strappare dall'animo dei pe­scatori sempre più impegnati nella costruzione del proprio futuro è il senso di responsabilità nel compiere il proprio lavoro in sicurezza e la generosità con cui si sanno affrontare le emergenze del momento.


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