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Anno V - N. 6 - Novembre/Dicembre 2005



Nuovo anno: bilanci e prospettive
Francesco Gesmundo

È trascorso un altro anno pieno di avvenimenti e di nuove norme, di dichiarazioni allarmate e di impegni politici, di strategie e di tattiche, di tragedie e di lutti ma nulla sembra cambiare, il settore si avvita in una crisi sempre più strutturale dalla quale rischia di non poter uscire.
 Abbiamo visto affermata la sacrosanta esigenza di definire nuove linee guida e nuovi obiettivi d'intervento previsti per il settore della pesca e dell'acquacoltura e delle relative filiere, attraverso il Decreto legislativo n. 100 del 27 maggio 2005. Le linee guida in esso definite affrontano in termini finalmente sistemici obiettivi e strumenti di intervento che riguardano la necessità di una gestione più efficace delle risorse alieutiche da cui deriva la elaborazione di una strategia per valorizzare le specificità locali e tradizionali, pervenendo ad un più equilibrato rapporto tra sforzo di pesca e risorse disponibili.
In questo ambito sono previsti progetti operativi coordinati e sinergici, organismi di gestione adeguati, strategie di ricostituzione degli stocks, migliore regolamentazione delle aree di tutela biologica e completamento dell'istallazione delle blue box. Verrebbe da plaudire a queste indicazioni nazionali che suonano come musica per le orecchie di chi come noi ha sempre evidenziato la necessità di andare nella direzione della razionalità di norme e strumenti e della responsabilità delle imprese di pesca per tutelare il lavoro e le risorse alieutiche disponibili.
Le linee guida ministeriali pongono anche l'accento sullo sviluppo dell'occupazione da realizzarsi attraverso rinnovazione e lo sviluppo di modalità produttive organizzate, per uscire dalla marginalità sociale ed economica. Si pianificano, quindi, servizi alle imprese per conseguire un recupero di redditività mediante politiche di tutela delle risorse e valorizzazione della produzione; tutto congiunto a iniziative per la integrazione del reddito e la riqualificazione professionale degli operatori.
Altro ambito di intervento è quello della tutela del consumatore e la valorizzazione della qualità dei prodotti con una politica complessiva di sostegno all'immagine del comparto ittico sia per l'offerta che per la percezione del rapporto pesca/ambiente. Anche in questo caso bisogna distinguere le intenzioni dai comportamenti sin qui tenuti dalla classe politica, dalle imprese e dalle associazioni che le rappresentano.
lo credo che occorra fare un deciso passo in avanti verso la condivisione di misure, di politiche, di atteggiamenti e comportamenti che devono assumere sempre più le caratteristiche di un'azione di sistema per rilanciare sul serio il settore, sgombrando il campo da privilegi, continue richieste di sovvenzioni e aiuti e da atteggiamenti remissivi verso comportamenti irresponsabili. Da questo punto di vista sembra doverosa una risposta positiva alla richiesta da più parti avanzata di estensione del regime agricolo IVA alla pesca per armonizzare i trattamenti fiscali del comparto agro-alimentare e impiantare una misura finalmente strutturale di sostegno al settore.
Un ulteriore intervento deve andare nella direzione della tutela della concorrenza per superare le debolezze endemiche del settore e rilanciare l'introduzione di tecniche innovative nel campo assicurativo, finanziario e creditizio per rafforzare la competitivita del settore.

Correttamente le linee guida si muovono in questa direzione ma tra il dire e il fare, è proprio il caso di dirlo, c'è di mezzo il mare. Altri investimenti sono previsti nel campo del potenziamento della ricerca scientifica, della semplificazione sacrosanta delle procedure amministrative e nella formazione degli operatori e degli imprenditori.
Una seria politica di aggiornamento professionale fondato sull'analisi dei bisogni formativi costituisce una rivoluzione copernicana nelle politiche di settore e il segnale che si vuole seriamente invertire la tendenza. Dalla crisi si esce con politiche mirate che riguardano tutti gli ambiti di intervento evidenziati ma anche con una diversa cultura imprenditoriale che si faccia carico della necessità di rivedere atteggiamenti e politiche imprenditoriali, che dimostri di voler fare la propria parte senza limitarsi alle lagnanze e alla rivendicazione dell'assistenzialismo pubblico.
Tutto ciò va inserito in una politica comunitaria che vada nella stessa dirczione, come sembra di capire da una prima lettura del piano d'azione in materia di pesca per il periodo 2006-2008.

Anche la Commissione europea deve farsi carico delle proprie responsabilità avendo spesso inciso in modo pesantemente negativo sulla pesca mediterranea, con misure inutilmente punitive e con una legislazione farraginosa e complicata. Occorre definire poche linee strategiche di quadro, lasciando spazio alle autonomie territoriali per meglio rispondere alla specificità dei bisogni e dei problemi e non pretendere di dettare legge anche sui centimetri e sulle minuzie, azzerando culture e tradizioni in nome di un europeismo che viene vissuto come gabbia e non come risorsa. La concorrenza e la competizione si vincono con strategie moderne di impresa, con misure strutturali di intervento pubblico nel settore del credito, della semplificazione legislativa, della modernizzazione dell'apparato burocratico, con politiche formative adeguate alle reali, con più tutela per i lavoratori e i consumatori.

Niente più lamenti che ricordano un meridionalismo d'accatto ma decisioni serie, responsabili, coerenti con le necessità del settore, una capacità di fare sistema" perché in periodi di scarsità delle risorse economiche e di altissimi fattori di rischio che minacciano la stabilità del settore si esce solo con la introduzione di strategie siner-giche, con politiche concertate e condivise, con una presa in carico dei reali problemi da parte di tutti i soggetti coinvolti. Non si può continuare a chiedere mance, rinvii, proroghe, pesche speciali, bisogna uscire dallo stato di precarietà per finalizzare tutti gli interventi e le iniziative al rilancio e all'ammodernamento della pesca italiana, legando tradizione ad innovazione per ripristinare un ruolo portante nella società e nell'economia delle nostre regioni.
 


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