Anno IV N. 4 - Luglio/Ottobre 2004
Editoriale
Non tutti i mali vengono per nuocere
Francesco Gesmundo
La recente folle rincorsa dei prezzi del petrolio aggiunge un'altra congiuntura negativa alla condizione di crisi strutturale attraversata dalla pesca italiana.
Il peso del "caro gasolio", calcolabile in un 70% dei costi di gestione, aggrava sempre più la crisi della marineria da pesca italiana e, senza interventi non episodici ma davvero strutturali, produrrà effetti devastanti sul settore, con pesanti ricadute sull'occupazione e sull'intero indotto.
Una crisi di tal natura, come da tempo denunciamo su queste pagine, può avviarsi a soluzione solo se si rimuovono le sue cause profonde intervenendo per liberalizzare il settore ingabbiato da una serie di vincoli normativi farraginosi, ambigui e inutilmente repressivi, per favorire la crescita della cultura d'impresa, per riequilibrare il peso parassitario dell'intermediazione e rilanciare il ruolo dei mercati pubblici all'ingrosso.
Questa fase di grave e preoccupante ascesa dei prezzi del gasolio nella pesca ha riflessi anche sulla busta paga dei marittimi, non solo perche aumenta il rischio di disoccupazione ma anche perche, aggravando i costi di gestione, diminuisce il reddito d'impresa che in quota parte viene, per contratto, distribuito agli equipaggi.
In un momento come l'attuale, però, un importante segnale di inversione di tendenza viene dalla proposta che la categoria organizzata in Federpesca, rivolge al Governo, rinunciando al vittimismo ed alla solita richiesta di misure finanziarie di sostegno che alleviano o affrontano la congiuntura ma non risolvono i veri nodi e, per di più, incidono sui conti pubblici che non sembrano godere di buona salute.
Gli armatori dimostrano così di voler fare un deciso passo in avanti nella direzione della modernizzazione e della cultura imprenditoriale, facendo la loro parte, ritrovando il protagonismo della categoria e evitando il ricorso alle ormai solite lamentele per scaricare sulla collettività i costi della crisi.
La proposta avanzata da Federpesca individua nella liberalizzazione dell'approvvigionamento del gasolio e nella razionalizzazione dell'attività di pesca, attraverso il plafond di giornate operative, il modo per ribaltare l'approccio consolidato ai momenti congiunturali di crisi del settore, che ciclicamente, endemicamente aggravano la condizione della pesca. Una proposta di tal genere porta allo scoperto le volontà politiche e gli atteggiamenti sindacali da sempre ancorati ad una visione assistenzialistica dell'intervento statale e muove nella direzione di modernizzare il settore, rafforzando la capacità di proposta e di autoregolamentazione della categoria.
Un approvvigionamento che avviene in condizioni di oligopolio, mediante gli impianti fissi, ovviamente limita la possibilità di reperire condizioni più favorevoli di mercato. Senza oneri per l'Erario e senza incidere sulle condizioni di sicurezza, con un semplice provvedimento amministrativo che autorizzi l'approvvigionamento anche attraverso le autobotti, si promuove la concorrenza tra le società petrolifere, si smuove il mercato e si realizza un significativo risparmio nei costi di gestione delle imprese di pesca, contribuendo altresì a determinare un contesto più moderno e liberale nell'esercizio dell'attività, senza dimenticare che la possibilità di un intervento più deciso e sinergico delle Organizzazioni di Produttori può far spuntare condizioni migliori e più favorevoli di approvvigionamento.
L'istituzione del plafond, annuale o per consistenti periodi di tempo, di giornate operative di pesca può far conseguire alcuni importanti risultati quali l'abbattimento dei costi attraverso la riduzione delle ore di navigazione dei pescherecci, con immediato abbattimento dei consumi di gasolio, la liberalizzazione dell'attività, che, se coniugata a politiche di promozione e marketing, può avere sicuri effetti virtuosi sul reddito di impresa, sulla sicurezza della navigazione, sulla tutela delle risorse alieutiche, sulla capacità di adottare strategie imprenditoriali più moderne e flessibili, sul rilancio di un'economia di mercato equilibrata e senza eccessivi vincoli legislativi o ingombranti presenze parassitarie per creare le condizioni strutturali di ammodernamento del settore.
Una moderna cultura d'impresa, una commercializzazione libera ed efficiente, un quadro normativo ben delineato e semplificato, una più attenta visione dei problemi di tutela della qualità del prodotto e della sicurezza del lavoro, il rafforzamento dell'intervento autonomo, responsabile e coor dinato degli imprenditori nelle politiche di gestione, il rilancio delle Organizzazioni di Produttori o di altre forme consortili e cooperative non sono il paradiso sognato ma possono diventare il prossimo futuro di una pesca finalmente libera da lacci e laccioli, fondata sulla libera concorrenza e sulle capacità imprenditoriali che veda sempre più limitato il ricorso a misure di sostegno costose e mai risolutive e sempre più consistente il protagonismo dei pescatori in un quadro armonico ed equilibrato di presenze e di poteri per ridare slancio alle imprese di pesca, alla loro capacità di produrre reddito in un contesto di moderna economia di mercato.
Se tutto questo si realizzerà potremmo dire che una buona volta una pesante congiuntura ha prodotto un circolo virtuoso di interventi strutturali per rilanciare ed ammodernare la pesca italiana.
Appunto, non tutti i mali vengono per nuocere!