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Anno III N. 6 - Novembre/Dicembre 2003


panorama comunitario - Strategie comunitarie per la pesca mediterranea
La Conferenza Interministeriale di Venezia
Giuseppe Manente

Uno dei punti qualificanti della nuova PCP (Politica Comune della Pesca) è rappresentato dalla speciale attenzione che viene prestata alla pesca nel Mar Mediterraneo, un orientamento che è frutto soprattutto dell'impegno pluriennale della marineria italiana, volto ad ottenere un adeguato riconoscimento della particolarità della pesca mediterranea, meritevole, perciò, di provvedimenti mirati e ben calibrati, in grado di valorizzarne le specificità. Per anni, infatti, la politica della pesca europea era stata concepita in modo generalizzato, con un'impostazione che tendeva a modellare la normativa e le misure adottate sulle esigenze della pesca del nord Europa. Quasi tutti i provvedimenti presi in sede comunitaria negli anni scorsi - quelli concernenti lo sforzo di pesca, il ridimensionamento, la modernizzazione della flotta, il sistema dei controlli ­ avevano risentito di questo vizio originario, suscitando il malcontento delle marinerie mediterranee, che avvertivano una scarsa attenzione alle loro esigenze.

Con la nuova PCP si è compiuto, quindi, un considerevole passo avanti sulla strada del pieno consenso da parte della Commissione a tutelare la necessità di intraprendere iniziative concrete e ad hoc per la pesca mediterranea e la Conferenza ministeriale di Venezia sullo «Sviluppo sostenibile della pesca nel Mediterraneo», tenuta il 25 e 26 novembre 2003 e organizzata dalla Presidenza italiana e dal ministro Alemanno, ha costituito il primo vero momento di confronto in vista della definitiva impostazione di una politica condivisa di gestione dell'attività di prelievo ittico nel bacino.

Il documento finale della Conferenza, pur se importante, ha il limite di rinviare le soluzioni definitive dei problemi. Infatti esso traccia le direttive a cui deve ispirarsi la futura politica della pesca mediterranea, ma solo nelle linee generali, le quali, senza ovviamente esaminare gli aspetti più concreti della riforma, delegati ai regolamenti attuativi, tendono a rimandare nel tempo le decisioni effettivamente importanti.

Un ruolo centrale, in quest'ottica, viene attribuito alla CGPM (Commissione Generale della Pesca per il Mediterraneo), identificata come l'organo che nei prossimi anni prenderà le decisioni cruciali in materia. A questo proposito, a Venezia sono state fissate già alcune vicine scadenze operative:

  • Entro giugno 2004 la Commissione terrà una sessione straordinaria, con lo scopo di darsi un assetto organizzativo all'altezza dei nuovi gravosi compiti attribuiti ad essa;
  • Ad ottobre di quest'anno si effettuerà la prima riunione operativa della Commissione, che sarà chiamata a tracciare, sulla base di dati aggiornati forniti dal Comitato Scientifico Consultivo, le prime importanti direttive di una politica mediterranea volta allo sfruttamento sostenibile delle risorse alieutiche. Essenziale, a tale proposito, saranno le indicazioni che ad essa verranno date da un Gruppo di Lavoro da istituire in tempi brevi, composto da esperti e dirigenti istituzionali delle marinerie operanti nel Mediterraneo.

La creazione di quest'ultimo organismo è la seconda grande novità della conferenza veneziana: tramite esso, si intende innanzitutto monitorare la situazione effettiva della pesca mediterranea e, in secondo luogo, attendere i suggerimenti necessari per preparare proposte concrete da presentare alla CGPM nella ventinovesima sessione di lavoro, prevista, come sopra ricordato, per il mese di ottobre 2004.
Le decisioni finali della riunione ministeriale di Venezia hanno riguardato anche la lotta all'attività di pesca illegale e i regimi di controllo da introdurre.
Circa il primo ambito di intervento è stata assunta la decisione di awiare al più presto una procedura operativa per identificare i pescherecci che svolgono attività di pesca non consentita, finalizzata a stilare e a pubblicare un elenco delle navi fuori legge (lista nera), da aggiornare costantemente e da mettere a disposizione degli Stati membri, per le opportune azioni sanzionatorie. A titolo complementare, sarà redatto un registro delle navi in possesso di una regolare autorizzazione a pescare (lista bianca).
L'istituzione di un efficace regime di controllo è strettamente connessa all'attuazione di un deciso contrasto alla pesca illegale ma è anche mirata a far rispettare da tutti le regole che verranno stabilite dalla CGPM.
Obiettivo, questo, da condividere, soprattutto se ci si atterrà strettamente alle indicazioni della Commissione che letteralmente raccomanda che tale regime sia "appropriato e adeguato alle caratteristiche della pesca mediterranea". Le misure che verranno adottate a partire dall'anno in corso dovranno, quindi, essere graduali ma soprattutto organiche, dovendo prevedere, nel dettaglio "gli obblighi delle parti, l'impiego delle nuove tecnologie e i meccanismi di ispezione nei mari e nei porti".
Quello dei controlli è indubbiamente uno degli aspetti più delicati e controversi che dovranno essere esaminati, così come l'identificazione e la creazione di zone di protezione, indubbiamente utili per difendere le risorse ittiche ma da definire con oculatezza e con il consenso di tutti.
Per portare avanti con successo il processo di razionalizzazione del prelievo nel Mediterraneo è imprescindibile, infatti, un atteggiamento di dialogo e di collaborazione di tutti gli Stati interessati, ma anche la definizione, senza possibilità di equivoci, delle zone di pesca, stabilendo con certezza l'ambito delle acque territoriali, di quelle internazionali e di quelle protette. La CGPM dovrebbe quindi avviare un chiarimento definitivo con alcuni Stati (vedi la situazione problematica creatasi nell'Adriatico) restii ad accettare regole condivise.
In conclusione si po' affermare che il documento di chiusura della Conferenza di Venezia è incoraggiante, in quanto ribadisce senza ripensamenti la specificità del Mediterraneo e assume degli impegni precisi.
Occorrerebbe comunque integrare queste dichiarazioni d'intenti, con un richiamo più fermo ed esplicito alla difesa della redditività delle imprese di pesca e, conseguentemente, dell'occupazione. Sono queste, infatti, le priorità a cui riferirsi nel momento in cui si andranno a prendere le decisioni necessarie per attuare una nuova politica della pesca nel Mediterraneo, la quale avrà un senso solo se difenderà concretamente gli interessi dei pescatori.


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