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Anno III N. 5 - Settembre/Ottobre 2003


attualità - Una preoccupante iniziativa croata
Le zone economiche esclusive
Luigi Campo

Il 3 ottobre u.s. il Governo croato con decisione unilaterale ha istituito nell'area Adriatica prospiciente le proprie coste una Zona Economica Esclusiva (ZEE). La decisione ha compromesso seriamente le relazioni internazionali costituendo un passo indietro nel faticoso processo di intesa e cooperazione tra le marinerie dei paesi della ex Jugoslavia e quelle italiane. Il peggio è che questa regressione giunge proprio nel momento in cui non solo si prospetta l'estensione della Comunità Europea anche gli Stati balcanici, Croazia compresa, ma, con l'obiettivo di un'ampia coesione di popoli di tradizione marinara, si va meglio definendo la Politica Comune della Pesca nel Mediterraneo.
La protesta contro il gesto unilaterale croato è stata espressa dalle Associazioni della pesca al Sottosegretario on. Paolo Scarpa Sonazza Suora, il quale ha subito sentito l'Ambasciatore croato in Italia ottenendo garanzie inequivocabili sulla volontà del suo Governo di riprendere immediatamente il dialogo in forma multilaterale.
La possibilità per uno Stato costiero di creare Zone Economiche Esclusive è stata introdotta dalla Convenzione di Montego Say nel 1982.
Per essa, infatti, gli Stati costieri, per favorire lo sfruttamento ottimale delle risorse biologiche possono creare Zone Economiche Esclusive (ZEE). Così facendo mantengono e ricostituiscono le scorte delle specie sfruttandole a livelli che garantiscano il massimo rendimento costante nel rispetto dei fattori ecologici e del fabbisogno economico delle popolazioni costiere che vivono della pesca.
Ma in un mare circondato da due o più Stati, e per di più stretto, come l'Adriatico, l'introduzione della ZEE non è semplice potendo confluire nella stessa zona la competenza legislativa di altro Stato. Per questo la Convenzione all'art.123, raccomandando la cooperazione tra Stati costieri di mari chiusi o semichiusi sostiene che gli stessi dovrebbero "cooperare fra loro nell'esercizio dei diritti e nell'adempimento degli obblighi loro derivanti dalla... Convenzione. A tal fine essi si impegnano ...a:

coordinare la gestione, la conservazione, l'esplorazione e lo sfruttamento delle risorse biologiche del mare;

coordinare l'esercizio dei loro diritti e l'adempimento dei loro obblighi relativi alla protezione ed alla preservazione dell'ambiente marino;

coordinare le loro politiche di ricerca scientifica ed intraprendere, se del caso, dei programmi comuni di ricerca scientifica nella zona considerata;

invitare, se del caso, altri Stati o organizzazioni internazionali interessati a cooperare con loro all'applicazione delle disposizioni."

 

Una cooperazione, quindi, ad ampio raggio disattesa in ogni punto dal governo di Zagabria.
Pertanto, quando la decisione entrerà in vigore, il che dovrebbe avvenire tra un anno, i pescatori italiani si troverebbero estromessi da un larga fascia di acque sino ad oggi internazionali e correrebbero con più frequenza nei rischi di scontri con la vigilanza militare croata.
Non è certo un momento facile per le marinerie adriatiche già "costrette" a fare i conti con le misure restrittive della Politica Comune della Pesca. Misure necessarie, queste, che solo una provata volontà cooperativa nella gestione e nella risoluzione dei problemi che ne derivano, può renderle positive ai fini della qualità, della produzione e della promozione del reddito dei pescatori.
Ma le motivazioni che hanno suggerito la decisione unilaterale croata, sconcertano non poco e gettano lunghe ombre non solo sul cammino di cooperazione e intesa tra paesi che vivono dello stesso mare ma anche sul futuro della pesca in Adriatico. Secondo Janez Drnovsek, Presidente della Slovenia, la decisione del parlamento di Zagabria è un atto da campagna elettorale con il quale si è voluto accontentare l'opinione pubblica croata.
Non rimane che augurarsi che la Croazia abbandoni emozioni e passioni nazionalistiche e si disponga a condividere in pieno la cooperazione raccomandata dalla Convenzione e sollecitata a più riprese dagli accordi internazionali e dalla Comunità Europea.


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